Il libro che vi propongo oggi parla di un tema che adesso va molto "di moda", ma che fino a poco tempo fa era ai più sconosciuto: l'autismo.
L'autore è un giornalista che ha due figli, di cui uno autistico.
In questo libro descrive e racconta un pò di questo mondo "sconosciuto", la sua vita quotidiana per gestire un adolescente con questo tipo di patologia, sempre più diffusa, purtroppo.
Il libro mi è piaciuto perchè non è pieno di buonismo, di frasi fatte e di pensieri scontati.
Si affronta il tema in maniera reale, raccontando anche di cose tabù come il sesso, i disagi che nascono all'interno della coppia (e della famiglia!), della voglia che nei momenti di sconforto può portarti a pensare di rinchiudere un soggetto autistico in strutture autorizzate o di sedarle o peggio ancora...
Racconta della difficoltà di ricevere servizi che gli spetterebbero di diritto, come un permesso di parcheggio per disabili o un educatore che faccia il suo lavoro in maniera onesta.
Descrive le difficoltà di affrontare le crisi di un autistico quando presenta un "comportamento problema", dello sconforto di non riuscire a fare delle attività "normali", delle difficoltà logistiche che una persona con queste problematiche comporta.
Credo sia questa la forza del libro: la brutale sincerità.
Io che seguo un bambino autistico, mi sono ritrovata in molte cose descritte nel libro. Ho vissuto le stesse difficoltà, combattuto con i pregiudizi della gente nei confronti del "diverso" e provato gli stessi sentimenti di fronte ad un problema così grande.
Non mi dilungo a commentare oltre, perchè credo sia superfluo.
Vi lascio ad un pò di pensieri tratti dal libro, che, credo, parlino da soli.
Buona lettura!
Racconta della difficoltà di ricevere servizi che gli spetterebbero di diritto, come un permesso di parcheggio per disabili o un educatore che faccia il suo lavoro in maniera onesta.
Descrive le difficoltà di affrontare le crisi di un autistico quando presenta un "comportamento problema", dello sconforto di non riuscire a fare delle attività "normali", delle difficoltà logistiche che una persona con queste problematiche comporta.
Credo sia questa la forza del libro: la brutale sincerità.
Io che seguo un bambino autistico, mi sono ritrovata in molte cose descritte nel libro. Ho vissuto le stesse difficoltà, combattuto con i pregiudizi della gente nei confronti del "diverso" e provato gli stessi sentimenti di fronte ad un problema così grande.
Non mi dilungo a commentare oltre, perchè credo sia superfluo.
Vi lascio ad un pò di pensieri tratti dal libro, che, credo, parlino da soli.
Buona lettura!
L'autistico è un perenne estraneo, imprigionato tra gente a lui sconosciuta, inconoscibile, e dalla quale ha pochissime speranze di essere realmente capito. Il nostro problema nei loro confronti è invece la cura. Noi ci affanniamo a portarli a una condizione che giudichiamo salutare, quando in realtà potrebbe essere che loro non abbiano alcuna malattia. Sono solamente disinteressati a condividere i propri pensieri con noi. [...] Non trovano utile esprimere un desiderio finalizzato alla risoluzione di un problema, non sentono la necessità di agire come autonomo istinto, tanto meno gli passa per la testa l'idea che qualcuno possa risolvere quel frangente, per loro sicuramente ragione di infelicità. Di fronte ad una difficoltà si arrendono, da soli non possono farcela, ma non immaginano altro se non il vuoto attorno.
Noi psico-abili svisceriamo le nostre vite nell'anelito mai saziabile di entrare in comunione con altre persone, di amarle e di essere a nostra volta amati, di sopraffarle, di divorarle, di capirle e di essere compresi, adulati, stimolati. Ogni nostra angustia, la maggior parte delle volte, è influenzata da un'interferenza di comunicazione. A noi il cervello dell'uomo sembra funzionare a puntino unicamente se accettiamo di usarlo nella relazione. Ogni sfioramento, emotivo o concreto, di un nostro simile ci scaricherà nelle sinapsi tonnellate di informazioni, sicuramente gratificanti, ma per la stessa e identica ragione anche un gran peso da gestire alla nostra felicità e serena esistenza.
L'anormale autistico, invece, di questo struggimento fa benissimo a meno, non per scelta, ma proprio per costituzione genetica. Lui è nato libero, ma sembra che noi, quasi per invidia, facciamo di tutto per costringerlo a costruire gli stessi legami che appesantiscono le nostre esistenze e che, neanche inventandoci la psico-analisi, siamo riusciti a elaborare.
[...]
L'autistico non è che non comunica, piuttosto non è interessato a dover continuamente informare il mondo del suo punto di vista. [...] Il suo linguaggio è fantasticamente privo di sfumature, non conosce le tecniche del compromesso che sono alla base di ogni nostra relazione. [...] E' sereno quando sente affetto che non chiede verifica o risposta. Noi invece siamo ingabbiati in patti di sangue per cui dobbiamo ricambiare ogni milligrammo di attenzione che un nostro simile ha la generosità di distribuirci. Viva l'avanguardia degli autistici che non si sentono in dovere di assumere tratti esteriori differenti a seconda del sentimento che noi emaniamo nei loro confronti.
[...]
Lui non è ritardato: è diversamente orientato. Non gli interessa correre nella direzione che tutti pensano possano portare alla linea di traguardo. Non ha traguardi da superare, quelli che noi gli costruiamo davanti riesce ad attraversarli con nostra immensa fatica e soprattutto con frustrazione, perchè sappiamo che sarà sempre indietro rispetto alla norma.
[...]
L'autistico non ha segreti se si parte da un presupposto essenziale: la sua realtà non ha complessità. [...] Non è importante il parere che di lui hanno le poche persone che incrocia durante la giornata, gli basta che chi gli stia attorno non lo contrasti o lo rimproveri, non si sforza di strappare un giudizio benevolo. Mi piace pensare che, se ci limitassimo, come l'autistico, ad azzerare i nostri sforzi per essere graditi, forse vivremmo un pò meno angosciati. [...] Lui non avrà mai il rimpianto di non aver detto o il bruciante rovello di aver detto troppo: lui non dice e basta, si è già evoluto rispetto a questa imperfetta fase intermedia che ci vede così vulnerabili e indifesi rispetto al turbinare della nostra emotività relazionale.
Tuttavia, anche persone così radicalmente libere hanno le loro barriere valicabili a fatica. Per loro è difficile comprendere di dover fare qualcosa che vada contro il suo benessere immediato. Ogni sua attività è limitata alla soddisfazione di un bisogno, non è mai gratuita. Non è pigro o sfaccendato, soltanto non spreca energie in atti controproducenti per il suo equilibrio.
[...]
Mi piace immaginare di costruire la città felice che manca in ogni luogo, felice proprio perchè chi l'abita è disinteressato alla competizione, a schiacciare il prossimo, a sopraffare, scavalcare, insidiare. Felice perchè ci vive chi è contento di far cose che a lui piacciono, e mentre gli scontenti ammorbano chi sta loro vicino, chi è leggero di pensieri regala un sorriso a chiunque lo sfiori. Mi piacerebbe che pure chi, come i nostri ragazzi, non ha più un posto e un ruolo, perchè il mondo non sa che farsene di lui, ritrovasse in questa città qualcuno che dia un senso al suo esistere.
È nella mia wish list da un po', proprio per la promessa schiettezza del libro. Prima o poi lo leggeró.
RispondiEliminate lo consiglio!
EliminaAnche a me piacerebbe leggerlo, me lo segno.
RispondiEliminaio l'ho finito in due giorni, è molto scorrevole!
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